Questa domenica, alle ore 11 presso la Triennale di Milano, c'è il convegno "Hot Spots: arti, creatività, stili e consumi delle scene artistiche attraverso i magazine a Milano" , un'iniziativa che fa parte del progetto Incontemporanea.
Tra le riviste rappresentative di realtà parallele nella metropoli è stata scelta anche The Artist. Assieme alla Scimmia, a Nixon, ai Fumetti della Gleba, a Mousse, Rodeo e tanta altra materia grigia stampata.
E per l'occasione sono stato intervistato da una certa Federica.
Ecco qui di seguito tutta la conversazione.
A presto, companeros!
Ci potresti spiegare brevemente il rapporto della rivista con la 'scena creativa' milanese (Arte, Musica,Grafica,Fotografia)?
La nostra è una rivista di fumetti.
Prima si chiamava “The Artist”, e adesso si è reincarnata in un nuovo progetto chiamato “Puck!”
Devo precisare che dietro a questa pubblicazione ci sono, oltre al sottoscritto, anche Emanuele Fossati e Francesca Carbonini, che mi danno una mano nella gestione creativa e burocratica della faccenda.
Molti dei nostri artisti operano e partoriscono i loro mostri interiori in questa città, e con la scena creativa milanese ci sono state diverse collaborazioni. Il centro sociale Cox18, ad esempio, ha ospitato due nostre manifestazioni nel 2005 e nel 2007.
Quali creativi (artisti, scrittori, musicisti) con all'attivo progetti personali (mostre, corti, performance, siti, fanzine...) lavorano occasionalmente o con una certa costanza per la redazione?
Dividerei la fittissima schiera di collaboratori e amici in tre sezioni: cartoonist stranieri, autori italiani e artisti di strada. Ed è proprio la loro improbabile convivenza a mettere in moto l’intera baracca.
Per quanto riguarda il fronte estero, alla rivista The Artist collaborano quasi tutti i principali esponenti della corrente americana degli Underground Comix, quelli che misero a ferro e fuoco l’opinione pubblica americana, rivoluzionando radicalmente il modo di fare fumetti e di leggerli. Frank Stack, in arte Foolbert Sturgeon (un nome che si è dato per scimmiottare il collega Gilbert Shelton) è uno dei nostri collaboratori più fidati. Ci ha dato i diritti per pubblicare il suo Jesus Christ versione hippie e ci ha disegnato storie inedite create apposta per l’occasione, come il duetto tra il suo personaggio biblico e il nostro Puck il Nano (e questo sketch è stato pubblicato sul nostro ultimo numero speciale), oppure le nuovissime Adventures of God, che vedrete presto sul primo numero di “Puck!”, ancora in fase di lavorazione.
Anche Robert Armstrong, l’autore di Mickey Rat, è un altro assiduo frequentatore della nostra rivista. Così come Ted Richards, Zograf, Kaz, John Pound , Pat Moriarity e Bill Griffith.
Ma il pezzo da novanta della nostra schiera di collaboratori esteri è senz’altro Hunt Emerson, il più pazzo fumettista che conosca. Per noi ha disegnato tantissime storie, oramai, come la bellissima Sacked and Robbed, dove la gang di Puck il Nano cerca di rapinare il disastrato jazzista Max Zillion.
Hunt Emerson ha presenziato con noi a una mostra di fumetti di Roma, qualche anno fa. Ha suonato la chitarra e ha disegnato tutto il tempo i suoi omini distorti e le sue galline incazzate. Un genio! E posso dirvi, in anteprima assoluta, che sarà sua la copertina di “Puck!” #2.
Gli italiani che ci sostengono appartengono a generazioni e a gruppi eterogenei. C’è Maurizio Rosenzweig, che è uno dei più tosti e dei più prolifici. E Alberto Ponticelli, con i suoi bianchi e neri che uccidono. E Federico Sfascia, l’autore di Giustizia Arbitraria, il supereroe reazionario che ama la repressione.
Sergio Ponchione è un altro dei collaboratori più preziosi. Ha disegnato una storia surreale dove Puck incontra il suo Obliquomo. E ha creato apposta per la rivista il viaggiatore intergalattico Tuxedo Jack. E poi ha dipinto la copertina del primo numero di “Puck!”, una vera bomba.
Fernando Caretta, il re del porno a fumetti, ci sostiene fin dal primissimo numero ancora ciclostilato. Per noi ha inventato le comic strip autobiografiche di Nando.
Paolo Bacilieri è un altro dei nostri autori di spicco, e le sue copertine hanno lasciato un bel segno. E Massimo Semerano, con i suoi noti poteri da demiurgo, ha ridato vita al Dottor Cifra (un personaggio nato tanti anni fa) apposta apposta per noi.
La lista degli autori continua all’infinito: Giuliano Aloisi e le sue Storie della Luna Piena, Roberto Mangosi e il suo umorismo surreale, quel genio di Max Capa, Piero Tonin, Danilo Loizedda, Alessio Spataro, Carlo Peroni, Maurizio Ercole, Stefano Zattera, Squaz, Geremia Moscatelli, Matteo Guarnaccia e recentemente si è aggiunto anche Giuseppe Palumbo con delle storie violentissime ambientate all’epoca del cinema muto.
E poi vorrei ricordare Osvaldo Cavandoli, l’autore della Linea, uno dei padri del cinema d’animazione. Era il nostro guru, la vera guida spirituale della rivista. Era incredibile come un artista di quel calibro, con tutta quella esperienza alle spalle, desse retta a dei ragazzini come noi. Ci lasciava i diritti per pubblicare le sue storie, oppure in alcuni casi disegnava anche cose scritte da noi della redazione. Per lo speciale orrorifico “Creepartist” ha disegnato una mia storia sui vampiri. Incredibile!!! Era bello avere questo importante punto di riferimento, e “The Artist” era il modo migliore per avere a che fare con questa persona straordinaria. Ci manca parecchio.
La frangia degli artisti di strada, invece, comprende Franco Trincale, un grande amico nonché l’ultimo vero cantastorie. Di lui è stato scritto tantissimo. Quando Berlusconi volle spostare i processi da Milano a Brescia, mettendo tra i motivi anche la presenza delle ballate di Trincale in Piazza Duomo, decisi di intervistarlo. E così diventammo amici, e da quel momento gli affidai la rubrica “L’angolo del Cantastorie”, uno spazio da lui autogestito dove può dire e fare quello che gli pare. È bello sapere che fa parte della nostra comune artistica.
Adrian Bandirali, burattinaio trotskista, è l’altro opinionista della rivista. Cura una rubrica di politica e lotta sociale. Mi piace pensare che questi personaggi così pittoreschi siano parte integrante della nostra pubblicazione.
A questi due si era aggiunto nel 2004 Filippo Auti, un altro grandissimo recentemente scomparso. I suoi visionari dipinti da autodidatta mettevano a dura prova la credibilità di Mimmo Rotella e di tutta la pop art italiana. Per non parlare della recente corrente pop-surealista americana. Era il nostro elemento ingestibile, il vero profeta di una carovana di folli. Il nostro Syd Barrett settantenne. Faceva dei comizi all’insegna del grottesco e della provocazione, per vendere meglio i suoi quadri. Una volta ce lo portammo con noi a una fiera del fumetto. Si disegnò le stigmati sulle mani e incitò la folla a comprare la nostra pubblicazione. L’unica, secondo lui, a svelare i rapporti sessuali di Padre Pio. Lui era fatto così: prendeva elementi della politica, della religione e della società italiana e li rimescolava a piacere, con una forza comica dirompente. E dietro a questo tragico teatrino si potevano leggere delle sonore stoccate ai poteri forti. È morto in povertà, dimenticato dai molti che magari ora vorrebbero sciacallare il suo talento. Era un elemento importante per la rivista, e un amico fuori dal comune. Vorrei tanto che fosse ancora qui a farsi le sue grasse e ciniche risate sulla stupidità umana.
L'art direction, lo stile visivo e la grafica della rivista sono stato ideati seguendo quale criterio?
Il mio principale punto di riferimento, per quanto riguarda la verve comica, l’aspetto grafico e l’impaginazione della rivista, è Mad Magazine, nel periodo che va dagli anni ’50 ai ’60 compresi (quelli sotto la direzione di Kurtzman e di Feldstein). Aveva un impatto visivo fortissimo.
Altri riferimenti? Oz Magazine, International Times, Weirdo, Plop!, Blab! , tutta la Ec Comics e McSweeney’s. Ma anche Eureka (sotto la direzione artistica di Luigi Corteggi) e Cannibale.
L’art direction di The Artist è mirata sostanzialmente verso questo taglio. Un po’ di grafica sixties, collages, e citazioni dalle vecchie riviste dell’orrore.
Ma poi ci sono i soliti problemi. Ad esempio, la mancanza di fondi ci ha costretto più volte a condensare gli articoli in poche pagine. Cavandoli ci prendeva spesso in giro, e se la rideva, per i nostri articoli scritti fittissimi per risparmiare i soldi della tipografia. Bei ricordi.
Per quel che riguarda le immagini presenti nella rivista: fotografie, disegni, sezioni grafiche ecc. In che misura sono prodotte dalla redazione in relazione al materiale che invece viene chiesto per gli articoli/ redazionali? C'è una scelta precisa di gusto in merito?
Passiamo alla prossima, okay?
Per quanto riguarda il fronte estero, alla rivista The Artist collaborano quasi tutti i principali esponenti della corrente americana degli Underground Comix, quelli che misero a ferro e fuoco l’opinione pubblica americana, rivoluzionando radicalmente il modo di fare fumetti e di leggerli. Frank Stack, in arte Foolbert Sturgeon (un nome che si è dato per scimmiottare il collega Gilbert Shelton) è uno dei nostri collaboratori più fidati. Ci ha dato i diritti per pubblicare il suo Jesus Christ versione hippie e ci ha disegnato storie inedite create apposta per l’occasione, come il duetto tra il suo personaggio biblico e il nostro Puck il Nano (e questo sketch è stato pubblicato sul nostro ultimo numero speciale), oppure le nuovissime Adventures of God, che vedrete presto sul primo numero di “Puck!”, ancora in fase di lavorazione.
Anche Robert Armstrong, l’autore di Mickey Rat, è un altro assiduo frequentatore della nostra rivista. Così come Ted Richards, Zograf, Kaz, John Pound , Pat Moriarity e Bill Griffith.
Ma il pezzo da novanta della nostra schiera di collaboratori esteri è senz’altro Hunt Emerson, il più pazzo fumettista che conosca. Per noi ha disegnato tantissime storie, oramai, come la bellissima Sacked and Robbed, dove la gang di Puck il Nano cerca di rapinare il disastrato jazzista Max Zillion.
Hunt Emerson ha presenziato con noi a una mostra di fumetti di Roma, qualche anno fa. Ha suonato la chitarra e ha disegnato tutto il tempo i suoi omini distorti e le sue galline incazzate. Un genio! E posso dirvi, in anteprima assoluta, che sarà sua la copertina di “Puck!” #2.
Gli italiani che ci sostengono appartengono a generazioni e a gruppi eterogenei. C’è Maurizio Rosenzweig, che è uno dei più tosti e dei più prolifici. E Alberto Ponticelli, con i suoi bianchi e neri che uccidono. E Federico Sfascia, l’autore di Giustizia Arbitraria, il supereroe reazionario che ama la repressione.
Sergio Ponchione è un altro dei collaboratori più preziosi. Ha disegnato una storia surreale dove Puck incontra il suo Obliquomo. E ha creato apposta per la rivista il viaggiatore intergalattico Tuxedo Jack. E poi ha dipinto la copertina del primo numero di “Puck!”, una vera bomba.
Fernando Caretta, il re del porno a fumetti, ci sostiene fin dal primissimo numero ancora ciclostilato. Per noi ha inventato le comic strip autobiografiche di Nando.
Paolo Bacilieri è un altro dei nostri autori di spicco, e le sue copertine hanno lasciato un bel segno. E Massimo Semerano, con i suoi noti poteri da demiurgo, ha ridato vita al Dottor Cifra (un personaggio nato tanti anni fa) apposta apposta per noi.
La lista degli autori continua all’infinito: Giuliano Aloisi e le sue Storie della Luna Piena, Roberto Mangosi e il suo umorismo surreale, quel genio di Max Capa, Piero Tonin, Danilo Loizedda, Alessio Spataro, Carlo Peroni, Maurizio Ercole, Stefano Zattera, Squaz, Geremia Moscatelli, Matteo Guarnaccia e recentemente si è aggiunto anche Giuseppe Palumbo con delle storie violentissime ambientate all’epoca del cinema muto.
E poi vorrei ricordare Osvaldo Cavandoli, l’autore della Linea, uno dei padri del cinema d’animazione. Era il nostro guru, la vera guida spirituale della rivista. Era incredibile come un artista di quel calibro, con tutta quella esperienza alle spalle, desse retta a dei ragazzini come noi. Ci lasciava i diritti per pubblicare le sue storie, oppure in alcuni casi disegnava anche cose scritte da noi della redazione. Per lo speciale orrorifico “Creepartist” ha disegnato una mia storia sui vampiri. Incredibile!!! Era bello avere questo importante punto di riferimento, e “The Artist” era il modo migliore per avere a che fare con questa persona straordinaria. Ci manca parecchio.
La frangia degli artisti di strada, invece, comprende Franco Trincale, un grande amico nonché l’ultimo vero cantastorie. Di lui è stato scritto tantissimo. Quando Berlusconi volle spostare i processi da Milano a Brescia, mettendo tra i motivi anche la presenza delle ballate di Trincale in Piazza Duomo, decisi di intervistarlo. E così diventammo amici, e da quel momento gli affidai la rubrica “L’angolo del Cantastorie”, uno spazio da lui autogestito dove può dire e fare quello che gli pare. È bello sapere che fa parte della nostra comune artistica.
Adrian Bandirali, burattinaio trotskista, è l’altro opinionista della rivista. Cura una rubrica di politica e lotta sociale. Mi piace pensare che questi personaggi così pittoreschi siano parte integrante della nostra pubblicazione.
A questi due si era aggiunto nel 2004 Filippo Auti, un altro grandissimo recentemente scomparso. I suoi visionari dipinti da autodidatta mettevano a dura prova la credibilità di Mimmo Rotella e di tutta la pop art italiana. Per non parlare della recente corrente pop-surealista americana. Era il nostro elemento ingestibile, il vero profeta di una carovana di folli. Il nostro Syd Barrett settantenne. Faceva dei comizi all’insegna del grottesco e della provocazione, per vendere meglio i suoi quadri. Una volta ce lo portammo con noi a una fiera del fumetto. Si disegnò le stigmati sulle mani e incitò la folla a comprare la nostra pubblicazione. L’unica, secondo lui, a svelare i rapporti sessuali di Padre Pio. Lui era fatto così: prendeva elementi della politica, della religione e della società italiana e li rimescolava a piacere, con una forza comica dirompente. E dietro a questo tragico teatrino si potevano leggere delle sonore stoccate ai poteri forti. È morto in povertà, dimenticato dai molti che magari ora vorrebbero sciacallare il suo talento. Era un elemento importante per la rivista, e un amico fuori dal comune. Vorrei tanto che fosse ancora qui a farsi le sue grasse e ciniche risate sulla stupidità umana.
L'art direction, lo stile visivo e la grafica della rivista sono stato ideati seguendo quale criterio?
Il mio principale punto di riferimento, per quanto riguarda la verve comica, l’aspetto grafico e l’impaginazione della rivista, è Mad Magazine, nel periodo che va dagli anni ’50 ai ’60 compresi (quelli sotto la direzione di Kurtzman e di Feldstein). Aveva un impatto visivo fortissimo.
Altri riferimenti? Oz Magazine, International Times, Weirdo, Plop!, Blab! , tutta la Ec Comics e McSweeney’s. Ma anche Eureka (sotto la direzione artistica di Luigi Corteggi) e Cannibale.
L’art direction di The Artist è mirata sostanzialmente verso questo taglio. Un po’ di grafica sixties, collages, e citazioni dalle vecchie riviste dell’orrore.
Ma poi ci sono i soliti problemi. Ad esempio, la mancanza di fondi ci ha costretto più volte a condensare gli articoli in poche pagine. Cavandoli ci prendeva spesso in giro, e se la rideva, per i nostri articoli scritti fittissimi per risparmiare i soldi della tipografia. Bei ricordi.
Per quel che riguarda le immagini presenti nella rivista: fotografie, disegni, sezioni grafiche ecc. In che misura sono prodotte dalla redazione in relazione al materiale che invece viene chiesto per gli articoli/ redazionali? C'è una scelta precisa di gusto in merito?
Passiamo alla prossima, okay?
Credi che la rivista crei 'immaginario'? In particolare, che 'immaginario specifico' rispetto all'esistente? O come interagisce con l'immaginario urbano o creativo locale o internazionale?
Il nostro immaginario è una fusione di tutta la moltitudine di artisti che collaborano alle nostre pagine. Psichedelica, fenomeni da circo, vecchie storie dell’orrore, gli hippies, le belle donne, la Grande Depressione Americana.
Il nostro immaginario è una fusione di tutta la moltitudine di artisti che collaborano alle nostre pagine. Psichedelica, fenomeni da circo, vecchie storie dell’orrore, gli hippies, le belle donne, la Grande Depressione Americana.
Obiettivo della rivista.
Sto conservando gelosamente tutti i guadagni della rivista. Ho fatto i calcoli. Quando arriveremo al numero 1054 avrò i soldi necessari per comprarmi una navicella di salvataggio. E solo così potrò salvarmi dal disastro atomico che investirà il nostro pianeta, e iniziare una nuova progenie sul pianeta Krypton.
Per quanto riguarda i collaboratori: ti disturba o pensi sia arricchente che molti collaboratori della rivista lavorino anche per altri magazine?
Beh, è ovvio che i collaboratori lavorino anche per altre pubblicazioni. Non esiste nessun contratto a vita firmato con il sangue, anche se Puck il nano lo vorrebbe tanto.
E poi credo che nel mondo del fumetto (o perlomeno di una fetta del fumetto) ci sia un forte spirito di collaborazione. Mi piace pensare che le riviste The Artist e Lamette, ad esempio, si scambino tra loro alcuni autori. È costruttivo. O che la recente Nixon, diretta da Akab, ospiti sia i miei fumetti che quelli di Armin Barducci di Monipodio e dei ragazzi della Scimmia.
È giusto che ogni rivista mantenga la propria identità distinta, e che non ci siano cloni. Ma non potremo mai parlare di esclusive, soprattutto se molte riviste (come la nostra) non possono permettersi di pagare i propri autori.
Per quanto riguarda i collaboratori: ti disturba o pensi sia arricchente che molti collaboratori della rivista lavorino anche per altri magazine?
Beh, è ovvio che i collaboratori lavorino anche per altre pubblicazioni. Non esiste nessun contratto a vita firmato con il sangue, anche se Puck il nano lo vorrebbe tanto.
E poi credo che nel mondo del fumetto (o perlomeno di una fetta del fumetto) ci sia un forte spirito di collaborazione. Mi piace pensare che le riviste The Artist e Lamette, ad esempio, si scambino tra loro alcuni autori. È costruttivo. O che la recente Nixon, diretta da Akab, ospiti sia i miei fumetti che quelli di Armin Barducci di Monipodio e dei ragazzi della Scimmia.
È giusto che ogni rivista mantenga la propria identità distinta, e che non ci siano cloni. Ma non potremo mai parlare di esclusive, soprattutto se molte riviste (come la nostra) non possono permettersi di pagare i propri autori.
Per quanto riguarda la distribuzione: dove ritieni indispensabile venga distribuita? Perché? Come viene distribuita (a mano? Spedita?)
Ci sono dei negozi di fumetti che ti danno una mano, e ti aiutano a vendere la rivista senza il losco giro di una casa di distribuzione. A Milano ne abbiamo trovati diversi, così come negozi di dischi, librerie e centri sociali.
E questo è una manna dal cielo, perché almeno nel tuo territorio sei coperto.
La distribuzione è utile, ma per situazioni come la nostra è ridicola. Si intasca il cinquanta per cento di quello che fai, è una sorta di pizzo legalizzato. E così sei costretto ad alzare i prezzi per rientrare nelle spese, e a far pagare la tua rivista più del doppio di quello che ti è costata. Questa cosa se la possono permettere i grossi editori, che hanno alte tirature, ma per i piccoli è un suicidio. Ci dovrebbe essere un trattamento di riguardo, credo, per incitare la stampa indipendente. Perché è sempre nelle piccole situazioni che si creano e si sviluppano le cose più interessanti. E i talenti giovani.
Tempo fa c’era Sergio Nazzaro a dirigere Mega. Lui è stato grandioso, e gli sono ancora grato. Ci ha fatto entrare nel mondo della distribuzione e ha dato spazio a The Artist, incoraggiando davvero le vendite e la nostra produzione.
E quando capitano queste cose sei una persona un po’ più felice.
The Artist e la sua incarnazione Puck! sono anche vendute per corrispondenza.
Ma anche questo è un problema.
Le poste italiane hanno fatto fuori gran parte delle pubblicazioni indipendenti. E lo sanno bene, solo che a nessuno gliene frega un cazzo. Perché gran parte della stampa indipendente viene riconosciuta come clandestina, e quindi illegale. Poco importa se in effetti nessuno ci guadagna qualcosa a fare questo tipo di mestiere, e lo fa solo per passione.
L’ambito titolo “piego libri”, che ti garantisce spedizioni a basso prezzo, è qualcosa che ormai viene concesso solo alle grosse case editrici. È impensabile nella nostra situazione l’idea di pagare una spedizione in contrassegno per una sola copia, da vendere magari a un lettore che vive in un paese sperduto chissà dove. Rischi di perdere una grossa fetta di pubblico, con questi prezzi alle stelle.
Credi che la rivista dialoghi con una 'comunità'? O che l'abbia prodotta? Quale in particolare e perché?
L’intento nostro è sempre quello di creare una rivista popolare, mai per una elite privilegiata. Perché altrimenti c’è il rischio di ripetersi e di autocelebrarsi. E poi diventerebbe una noia mortale, un gioco perverso per addetti al settore.
Ma in ogni caso una elite si crea sempre, è un processo inevitabile. Insomma, io vorrei davvero che la nostra rivista venisse letta da tutti. Ma dubito che quelli di Comunione e Liberazione, ad esempio, vogliano abbonarsi.
Ci sono degli strumenti ad hoc per dialogare con questa comunità? (newsletter, sito, mailing list, o eventi "live", feste, ... Se sì, queste ultim,e dove avvengono? Sono autoprodotte?
Spesso ci serviamo dei poster per comunicare al pubblico i nostri sporchi traffici. E di mostre celebrative per diffondere il nuovo numero della rivista. È bello coprire i messaggi elettorali della Moratti con degli annunci di Puck il Nano!
Ma in ogni caso una elite si crea sempre, è un processo inevitabile. Insomma, io vorrei davvero che la nostra rivista venisse letta da tutti. Ma dubito che quelli di Comunione e Liberazione, ad esempio, vogliano abbonarsi.
Ci sono degli strumenti ad hoc per dialogare con questa comunità? (newsletter, sito, mailing list, o eventi "live", feste, ... Se sì, queste ultim,e dove avvengono? Sono autoprodotte?
Spesso ci serviamo dei poster per comunicare al pubblico i nostri sporchi traffici. E di mostre celebrative per diffondere il nuovo numero della rivista. È bello coprire i messaggi elettorali della Moratti con degli annunci di Puck il Nano!
Come vedi la rivista tra 10 anni?
I fumetti non esisteranno più. Saranno sostituiti dagli sceneggiati radiofonici, che subiranno un inaspettato processo di revival. La nostra rivista cercherà di resistere, ma senza successo. Si trasferirà al manicomio nazionale, dove saranno rinchiusi tutti gli artisti oramai disoccupati, e là daremo via a uno spettacolare numero di addio.
Ma questo, ovviamente, prima del disastro atomico.
I fumetti non esisteranno più. Saranno sostituiti dagli sceneggiati radiofonici, che subiranno un inaspettato processo di revival. La nostra rivista cercherà di resistere, ma senza successo. Si trasferirà al manicomio nazionale, dove saranno rinchiusi tutti gli artisti oramai disoccupati, e là daremo via a uno spettacolare numero di addio.
Ma questo, ovviamente, prima del disastro atomico.