Ieri notte ho ricevuto la bruttissima notizia della scomparsa dell'amico e complice Vincenzo Jannuzzi, Enzo, in arte Janù, e sarà difficile abituarsi a questo vuoto. Era una miniera. Chiunque si consideri un fumettista underground o creda ancora nella potenza di questo mezzo dovrebbe leggere almeno una delle sue incredibili storie piene di umanità, umorismo e rabbia, i suoi personaggi dinoccolati e le sue donne bellissime e sensuali, la sua voglia di vivere intensamente tutto, da un viaggio in India che finisce per portarlo ad Atene nel pieno di un colpo di Stato, alla condizione dell'immigrato meridionale al Nord (leggetevi "Ancillotto l'emigrante"), alla sua passione per la grande letteratura di Apollinaire o Saint-Exupéry, ai volti grotteschi che solo lui sapeva disegnare (pochi giorni fa gli avevo scritto di come mi aveva colpito il ritratto di una receptionist "equina" e insopportabile, contenuta nelle sue "Storie al limite del ragionevole"), al suo vedere la realtà lontano dalla narrazione ufficiale e tanto tanto altro ancora, con una visione sempre lucidissima, anticlericale, anarcoide e mai (neanche per sbaglio) retorica o autoreferenziale.Sempre generoso con me e con i miei amici, ho avuto la fortuna di conoscerlo di persona poco più di dieci anni fa quando mi disegnò uno stupendo Ivan Dalì su uno dei suoi libri autoprodotti che, per prendersi gioco del sistema editoriale, recavano sempre il nome di case editrici immaginarie e surreali come: "Edizioni tal gaudio e tal contento che mi rapisce il cuor", "Edizioni fammene annà ch'è mejo" , "Edizioni Chiudo gli occhi e ti rivedo"...
La sua firma mi ha accompagnato in tutte le produzioni che ho avuto la fortuna di vivere, da Puck a Capek, ad AFA a Linus a Pandemikon e tanto altro, e sarà molto molto difficile immaginarne altre senza.
Purtroppo una critica ottusa e codarda lo ha sempre escluso dai giri di autori più blasonati, nonostante avesse tutte le carte in regola e l'esperienza per essere accostato a maestri come Toppi, Manara o Mattotti, e sicuramente le sue scelte coerenti e scomode hanno contribuito a spaventare qualche mente ristretta. In un mondo ideale, questo dovrebbe essere il punto più alto di un Artista... ma preferisco non entrare nella questione, perché altrimenti rischio di cadere io nella retorica, e non credo che Enzo me lo perdonerebbe.
Per ricordarlo pubblico uno dei suoi ultimi disegni che mi ha regalato. Era già segnato dalla malattia, ma quando io e Vash siamo andati a trovarlo, sempre lucido e combattivo, li aveva già preparati come ultima sorpresa... L'hippie di spalle che sta facendo l'autostop verso terre esotiche e ignote è proprio Enzo negli anni '70, ossessionato da Kerouac e in fuga picaresca verso la libertà. E ovunque si trovi ora, in qualche sua "Storia ai limiti del ragionevole", è proprio così che voglio immaginarmelo.