martedì 5 giugno 2007

DONALD!!!


Squack!

19 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao HurricaneIvan. Noto con piacere che il tuo egregiamente condotto siparietto telematico comincia ad avere un discreto numero di adepti, personalità competenti che aderiscono in maniera consona e torbellisticamente rococò. Confinando estemporanee elucubrazioni in nostre conversazioni che avranno luogo in un futuro perchè no anche prossimo, ti rimando al tuo messaggio precedente. Prima che infatti il forum ad esso relativo si trasformasse nella resurrezione della biblica torre di Babele in cui il diadema linguistico universale si improdurcoliava nella misticità di alfabeti bizzarri ma reali (bizzarri all'occhio di noi occidentali ça va sans dir), prima di questo procrastinamento glottologico ,dicevo, mi era parso di capire che il tuo originale intento fosse quello di proporre a noi assidui quella che sembrava essere l'estensione testuale di una poesia/canzone. Ebbene l'ho trovato terapeutico, zigrinato, roboante, istrionico probabilmente, zuzzurellonico, mastodontico, ipertrofico, mestamente galiardo, zumbabolico, paramistico e, perchè no, anche leggeremente glutammatico, carico della elucubranza a cui ormai hai abituato i tuoi lettori, non solo nello stivale in cui consistiamo (ti rammento le parole di "Ole ye ye"). Ebbene giustapporrò anche una mia proposta poetica. Si tratta di una poesiola composta secoli e secoli or sono, in un luogo remoto del vecchio continente..non scrivo di più perchè non voglio destabilizzare il tuo fato che potrebbe, chissà mai, condurti alla volontà di voler sondare una dimensione euristica che ti spinga a trovare, per l'appunto, autonomamente l'origine di tale testo.
Ubriàcati di germogli di zenzero e biancospino in salmì e zompetterai nel magico mondo che ordunque sottopongo alla tua miridiaggine.
Ciao...

Adelphus adelpha meter
alle [philus] hius tigater
dedronte tonaliter

Blebomen agialos
nicate dodrantibus
sic mundi et vita huius

Calexomen dominum
uti det bolen suum
nobisque auxilium

Didaxon, sapisure,
toto biblion acute;
non debes reticere.

Equonomicum expensum
habemus apud deum
si autu metimus audum

Fallax est vita mundi,
decidit ut flos feni;
permanet regnum dei.

Anonimo ha detto...

bla... bla... bla...
ciao
Michele

puckilnano ha detto...

ciao, Michele!
L'Artist dovrebbe essere stato spedito! ho ingaggiato il prode assistente Dirty Bastard e dovrebbe arrivarti a breve.

x Goffredo Swineheard: grazie! Non c'è limite all'elucubranza.
Confido in una nuova recensione.

Anonimo ha detto...

In voi coesitono due temperamenti: uno instabile ed emotivo e l'altro ingegnoso, ironico ed affabile.
Poco inclini alla passione, prendete l'amore alla leggera. Vi infiammate con la stessa velocità con cui vi spegnete. Infedeltà e leggerezza non vi spaventano. Apprezzate ogni tipo di esperienza. Il vostro appetito è così grande che siete raramente sazi. Amate i preliminari e date meno importanza all'atto sessuale in sé perché la vostra concezione della sensualità è più mentale che fisica. Niente vi può eccitare di più di proporvi di fare l'amore in testa ad un Boeing in fase di decollo...

Anonimo ha detto...

Questa sera scrivo perchè voglio chiudere definitivamente la mia parentesi con te. Fino a poco più di una settimana fa mi sentivo in colpa per aver rotto i contatti con te così... Avevo bisogno di tempo per riflettere su noi e sul nostro rapporto così... difficile... Come cambiano le cose in poco più di una settimana... dopo aver appreso una notizia che ti ha delusa profondamente... Eh si... perchè mentre io soffrivo e stavo male per te tu già ti consolavi... in poco più di due settimane che non mi sentivi ho saputo che ti sei fidanzato e innamorato di una ragazza... è una storia seria... Tutto questo mi fa pensare che già la frequentavi quando parlavi a me di una storia... Ora spiegami come hai potuto? ? ?... se fino a un mese fa volevi una storia con me... se un mese e mezzo fa mi hai detto "ti amo"... come hai potuto? ? ?... Non me lo spiego... posso solo pensare che mi hai preso in giro tutto il tempo e per la seconda volta dopo che io ti ho dato un'altra opportunità... Beh ottima interpretazione... complimenti... Ci avevo creduto... Stupida io a stare male per te. Che dirti... ? ? ?... Nonostante tutto ti auguro di esere felice con lei o con chiunque come spero di esserlo anche io un giorno con qualcuno che mi ami davvero... Per ora sto male e voglio solo dimenticarti.. al tuo nome non sarà legato nulla più a parte un triste ricordo. Scrivo su questo sito perchè non voglio darti la soddisfazione di scriverle a te queste cose ma... se un giorno, casualmente, ti troverai a leggere questa lettera e capirai beh... vorrei che solo per un momento ti sentissi in colpa per me nel capire quanto ti ero legata profondamente e quanto ci sono stata male... Non credo comunque riuscirò mai a scordarti del tutto... Da ora in poi le nostre strade si dividono per non reincontrarsi mai più... Addio... e anche se lo dico piangendo e col cuore spezzato stavolta è per sempre... !!!

Anonimo ha detto...

Caro Ivan

non credo di dovermi scusare con voi per il fatto che sono costretto a parlare una lingua straniera. Mi chiedo se con questi microfoni la mia voce arrivi all’estremità più lontana di questo vasto pubblico. Quelli di voi che sono lontano, possono alzare le mani se sentono quello che dico? Sentite, perfetto. Bene, se la mia voce non arriva, non sarà colpa mia, sarà colpa di questi microfoni.

Quello che vi stavo dicendo è che non ho bisogno di scusarmi. Non oso, se tutti i delegati che si sono riuniti qui dalla varie zone dell’Asia, e gli “osservatori” – ho imparato questa parola dalle labbra di un amico americano, che ha detto “non sono un delegato, sono un osservatore”. Pensando che lui è venuto dalla Persia […] Ed ecco che mi trovo davanti un americano, e gli ho detto “Io ho paura di te, vorrei che mi lasciassi in pace”. Immaginate che un americano mi avrebbe lasciato da solo? Non lui, e per questo dovetti parlargli. Vi stavo dicendo che la mia parlata provinciale, che è la mia lingua madre, voi non potete capirla; e io non voglio insultarvi insistendo [a parlare] in questa parlata provinciale. La lingua nazionale, l’industani, so che ci vorrà molto tempo prima che possa competere nei discorsi ufficiali. Se c’è rivalità, c’è rivalità tra francese e inglese. Per il commercio internazionale, senza dubbio l’inglese occupa la prima posizione; per le conversazioni diplomatiche e la corrispondenza, quando studiavo da ragazzo sentivo dire che il francese era la lingua della diplomazia, e che se si voleva andare da un’estremità all’altra dell’Europa bisognava provare a imparare un po’ di francese, e così provai a imparare qua e là qualche parola di francese per essere capace di farmi capire. A ogni modo, se può esserci qualche rivalità, potrebbe sorgere tra il francese e l’inglese. Quindi, dato che è l’inglese che mi hanno insegnato, naturalmente devo far ricorso a questa lingua internazionale per parlare con voi.

Mi chiedevo di cosa avrei dovuto parlarvi. Volevo raccogliere i miei pensieri, ma lasciatemi confessare che non ho avuto tempo, eppure vi avevo promesso ieri che avrei provato a dirvi qualche parola. Mentre venivo con Badshah Khan, ho chiesto un piccolo pezzo di carta e una matita. Ho avuto una penna al posto della matita. Ho provato a scarabocchiare qualche parola. Vi spiacerà sentirmi dire che quel pezzo di carta non ce l’ho con me. Ma questo non è niente, mi ricordo di cosa volevo parlarvi, e mi sono detto: i tuoi amici non hanno visto la vera India, e tu non partecipi a una conferenza in mezzo alla vera India.

Delhi, Bombay, Madras, Calcutta, Lahore – tutte queste sono grandi città, ormai influenzate dall’Occidente, anche costruite, forse a parte Delhi, ma non Nuova Delhi, anche costruite dagli inglesi. Ho quindi pensato a un piccolo saggio – credo che lo dovrei chiamare così – che era in francese. Mi fu tradotto da un amico anglo-francese, e lui era un filosofo, era anche un uomo modesto e disse che era diventato mio amico senza che io lo avessi conosciuto, perché lui era sempre stato dalla parte della minoranza e io ero, così è, miei compatrioti, in una minoranza senza speranza, non solo minoranza senza speranza, ma anche minoranza disprezzata. Se gli europei del Sud Africa mi perdoneranno per aver detto questo, noi eravamo tutti “coolie” [termine dispregiativo per indicare gli indiani che lavoravano come servi in Sud Africa]. IO ero un insignificante avvocato “coolie”. A quell’epoca non avevamo ‘coolie’ dottori, non avevamo ‘coolie’ avvocati. Fui il primo nel campo.

Tuttavia, un ‘coolie’. Voi sapete forse cosa si intende con la parola ‘coolie’, ma questo amico – il suo nome era Krof: sua madre era una francese, suo padre un inglese – mi disse: “Voglio tradurre per te una storia francese”. Mi perdoneranno quelli di voi che conoscono la storia se nel ricordarla faccio degli errori qua e là, ma non ci saranno errori nel fatto principale.

C’erano tre scienziati e questi – chiaramente è una storia di fantasia – tre scienziati andarono fuori dalla Francia, andarono fuori dall’Europa in cerca della Verità. Questa è la prima lezione che la storia mi ha insegnato, che se bisognava la ‘verità’, non andava fatto sul suolo europeo. Di conseguenza, senza dubbio neppure in America. Questi tre grandi scienziati andarono in posti diversi dell’Asia. Uno di loro riuscì ad arrivare in India e cominciò la sua ricerca. Arrivò nelle cosiddette città di quei tempi. Naturalmente, questo succedeva prima dell’occupazione britannica, prima ancora del periodo Mughal – così l’autore francese ha illustrato la storia – ma comunque andò nelle città, vide la gente della cosiddetta casta superiore, uomini e donne, finché alla fine non entrò in un’umile casupola, in un umile villaggio, e quella casupola era una casupola Bhangi – e lì trovò la “verità” di cui era in cerca, in quella casupola Bhangi, nella famiglia Bhangi, uomo, donna, forse due o tre bambini. Dico questo facendo dei cambiamenti, l’autore a questo punto descriveva come l’uomo la trovò. Tralascio tutto questo.

Voglio legare questa storia con quello che voglio dirvi, che se volete realmente vedere l’India al suo meglio dovete trovarla in un’abitazione Bhangi, in un’umile casa Bhangi, o in villaggi di questo genere che, come ci insegnano gli storici inglesi, sono 700 mila. Poche città qua e là, non contengono molte decine di milioni di persone, ma i 700 mila villaggi contengono quasi 40 crore [400 milioni] di persone. Dico quasi, perché si potrebbe forse togliere un crore [circa 10 milioni], forse due nelle città, ma ce ne sarebbero ancora 38. E allora io mi sono detto, se questi amici sono qui senza trovare la loro vera India, che cosa ci sono venuti a fare? Quindi ho pensato di chiedervi di immaginare quest’India, non dalla prospettiva che offre questo vasto pubblico ma di immaginare come sarebbe. Vorrei che leggeste una storia come questa dei francesi o altre cose. Guardate, forse qualcuno di voi, alcuni dei villaggi dell’India, e allora troverete la vera India. Oggi confesserò anche che non sarete affascinati dalla vista.

Dovrete andare a grattare sotto quei mucchi di letame che sono oggi i villaggi. Non pretendo di dire che prima fossero luoghi di paradiso. Ma oggi sono davvero mucchi di letame; non erano così, prima, di questo sono certo abbastanza. Perché non parlo dal punto di vista storico, ma a partire da quello che ho visto con i miei occhi in carne e ossa, dell'India - e ho viaggiato da un'estremità dell'India all'altra, ho visto questi villaggi, ho visto quei miseri esemplari dell'umanità, occhi spenti - eppure loro sono l'India, eppure in quelle misere casupole, tra quei mucchi di letame si trovano gli umili Bhangi, dove si troverà un'essenza concentrata di saggezza. Come? Questa è una bella domanda.

Bene, allora voglio mettervi di fronte a un'altra scena. Di nuovo, io ho studiato dai libri, libri scritti dagli storici inglesi, tradotti per me. Tutta questa copiosa conoscenza, mi dispiace dirlo, arriva a noi in India attraverso libri inglesi, attraverso storici inglesi. Non che non abbiamo storici indiani, ma anche loro non scrivono nella loro lingua madre, o nella lingua nazionale, l'industani, o se preferite definirle due lingue, l'hindi e l'urdu, due forme della stessa lingua. No, ci danno quello che hanno studiato nei libri inglesi, magari negli originali, ma sempre inglesi e in lingua inglese - questa è la conquista culturale dell'India, che l'India ha subito. Ma ci dicono che la saggezza è arrivata all'Occidente dall'Oriente. E chi erano questi uomini saggi? Zoroastro. Lui apparteneva all'Oriente. È stato seguito da Buddha. Apparteneva all'Oriente, apparteneva all'India. Chi ha seguito Buddha? Gesù, ancora una volta dall'Asia. Prima di Gesù c'era Mosa, Mosè, anche lui appartenente alla Palestina - ho controllato con Badshah Khan e Yunus Saheb, ed entrambi mi hanno confermato che Moses apparteneva alla Palestina, nonostante fosse nato in Egitto. E poi è venuto Gesù, e poi è venuto Maometto. Tutti questi li tralascio. Tralascio Krishna, tralascio Mahavir, tralascio le altre luci - non le chiamerò luci più flebili, ma sconosciute all'Occidente, sconosciute al mondo letterario. Anche così, non conosco una sola persona capace di eguagliare questi uomini dell'Asia. E poi, cosa è successo? Il cristianesimo è stato sfigurato quando ha raggiunto l'Occidente. Mi dispiace doverlo dire, ma questa è la mia interpretazione. Non vi imporrò oltre questi temi. Vi racconto questa storia per incoraggiarvi, e per farvi capire, se il mio povero discorso può farvi capire, che quello che vedete dello splendore e di tutto ciò che le città dell'India hanno da mostrarvi non è l'India. Certamente, la carneficina che avviene proprio sotto i vostri occhi, mi dispiace, vergognoso che sia, come ho detto ieri, dovete seppellirla qui. Non portate il ricordo di questa carneficina oltre i confini dell'India. Ma quello che voglio che capiate, se potete, è che il messaggio dell'Oriente, il messaggio dell’Asia, non può essere imparato attraverso gli occhiali dell'Occidente, attraverso gli occhiali occidentali, non imitando i fili argentati dell'Occidente, la polvere da sparo dell'Occidente, la bomba atomica dell'Occidente.

Se volete di nuovo dare un messaggio all'Occidente, deve essere un messaggio di 'amore', deve essere un messaggio di 'verità'. Ci deve essere una conquista (APPLAUSI), per favore, per favore, per favore.

Questo interferirà con il mio discorso, e interferirà anche con la vostra capacità di comprenderlo. Voglio catturare i vostri cuori, non voglio ricevere i vostri applausi. Fate battere i vostri cuori all'unisono con quello che dico e, credo, avrò compiuto il mio lavoro. Perciò voglio che ve ne andiate da qui con il pensiero che l'Asia deve conquistare l'Occidente. Poi, la domanda che mi ha chiesto ieri un amico: se credessi davvero in un mondo unito. Certo che credo in un mondo unito. E come potrei fare altrimenti, se sono un erede del messaggio d'amore che questi grandi, irraggiungibili maestri ci hanno lasciato? Potete portare ancora quel messaggio, adesso, in questa epoca di democrazia, in questa epoca di risveglio dei più poveri tra i poveri, potete portare di nuovo questo messaggio con la più grande enfasi. Allora voi, voi compirete la conquista dell'intero Occidente, non per vendetta del fatto che siete stati sfruttati - e nello sfruttamento, naturalmente, voglio includere l'Africa, e spero che la prossima volta che vi incontrerete in India, ci sarete tutte; che voi nazioni sfruttate della terra vi incontrerete insieme, se a quell'epoca ci saranno ancora nel mondo nazioni sfruttate. Sono così fiducioso che se metterete insieme i vostri cuori, non soltanto le vostre teste, ma i vostri cuori insieme, e capirete il segreto del messaggio che questi uomini saggi dell'Oriente ci hanno lasciato, e che se noi davvero diventiamo, meritiamo e siamo degni di quel grande messaggio, allora capirete che la conquista dell'Occidente sarà completa, e che lo stesso Occidente amerà quella conquista. Oggi l'Occidente anela alla saggezza. Oggi l'Occidente è disperato per la proliferazione delle bombe atomiche, perché una proliferazione delle bombe atomiche significa terribile distruzione, non soltanto per l'Occidente, ma sarà una distruzione del mondo intero, così che la profezia della Bibbia si avvererà e ci sarà un vero e proprio diluvio universale.

Non voglia il cielo che ci sia quel diluvio, e non per i torti dell'uomo contro se stesso. Sta a voi liberare il mondo intero, non solo l'Asia, ma il mondo intero, da quella malvagità, da quel peccato. Questa è la preziosa eredità che i vostri maestri, i miei maestri ci hanno lasciato.

kuzu

puckilnano ha detto...

Sono orgoglioso di unirmi a voi in questa che passerà alla storia come la più grande dimostrazione per la libertà nella storia del nostro paese. Cento anni fa un grande americano, alla cui ombra ci leviamo oggi, firmò il Proclama sull’Emancipazione. Questo fondamentale decreto venne come un grande faro di speranza per milioni di schiavi negri che erano stati bruciati sul fuoco dell’avida ingiustizia. Venne come un’alba radiosa a porre termine alla lunga notte della cattività. Ma cento anni dopo, il negro ancora non è libero; cento anni dopo, la vita del negro è ancora purtroppo paralizzata dai ceppi della segregazione e dalle catene della discriminazione; cento anni dopo, il negro ancora vive su un’isola di povertà solitaria in un vasto oceano di prosperità materiale; cento anni dopo il negro langue ancora ai margini della società americana e si trova esiliato nella sua stessa terra. Per questo siamo venuti qui, oggi, per rappresentare la nostra condizione vergognosa. In un certo senso siamo venuti alla capitale del paese per incassare un assegno. Quando gli architetti della repubblica scrissero le sublimi parole della Costituzione e la Dichiarazione d’Indipendenza, firmarono un "pagherò" del quale ogni americano sarebbe diventato erede. Questo "pagherò" permetteva che tutti gli uomini, si, i negri tanto quanto i bianchi, avrebbero goduto dei principi inalienabili della vita, della libertà e del perseguimento della felicità. E’ ovvio, oggi, che l’America è venuta meno a questo "pagherò" per ciò che riguarda i suoi cittadini di colore. Invece di onorare questo suo sacro obbligo, l’America ha consegnato ai negri un assegno fasullo; un assegno che si trova compilato con la frase: "fondi insufficienti". Noi ci rifiutiamo di credere che i fondi siano insufficienti nei grandi caveau delle opportunità offerte da questo paese. E quindi siamo venuti per incassare questo assegno, un assegno che ci darà, a presentazione, le ricchezze della libertà e della garanzia di giustizia. Siamo anche venuti in questo santuario per ricordare all’America l’urgenza appassionata dell’adesso. Questo non è il momento in cui ci si possa permettere che le cose si raffreddino o che si trangugi il tranquillante del gradualismo. Questo è il momento di realizzare le promesse della democrazia; questo è il momento di levarsi dall’oscura e desolata valle della segregazione al sentiero radioso della giustizia.; questo è il momento di elevare la nostra nazione dalle sabbie mobili dell’ingiustizia razziale alla solida roccia della fratellanza; questo è il tempo di rendere vera la giustizia per tutti i figli di Dio. Sarebbe la fine per questa nazione se non valutasse appieno l’urgenza del momento. Questa estate soffocante della legittima impazienza dei negri non finirà fino a quando non sarà stato raggiunto un tonificante autunno di libertà ed uguaglianza. Il 1963 non è una fine, ma un inizio. E coloro che sperano che i negri abbiano bisogno di sfogare un poco le loro tensioni e poi se ne staranno appagati, avranno un rude risveglio, se il paese riprenderà a funzionare come se niente fosse successo. Non ci sarà in America né riposo né tranquillità fino a quando ai negri non saranno concessi i loro diritti di cittadini. I turbini della rivolta continueranno a scuotere le fondamenta della nostra nazione fino a quando non sarà sorto il giorno luminoso della giustizia. Ma c’è qualcosa che debbo dire alla mia gente che si trova qui sulla tiepida soglia che conduce al palazzo della giustizia. In questo nostro procedere verso la giusta meta non dobbiamo macchiarci di azioni ingiuste. Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dell’odio e del risentimento. Dovremo per sempre condurre la nostra lotta al piano alto della dignità e della disciplina. Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Dovremo continuamente elevarci alle maestose vette di chi risponde alla forza fisica con la forza dell’anima. Questa meravigliosa nuova militanza che ha interessato la comunità negra non dovrà condurci a una mancanza di fiducia in tutta la comunità bianca, perché molti dei nostri fratelli bianchi, come prova la loro presenza qui oggi, sono giunti a capire che il loro destino è legato col nostro destino, e sono giunti a capire che la loro libertà è inestricabilmente legata alla nostra libertà. Questa offesa che ci accomuna, e che si è fatta tempesta per le mura fortificate dell’ingiustizia, dovrà essere combattuta da un esercito di due razze. Non possiamo camminare da soli. E mentre avanziamo, dovremo impegnarci a marciare per sempre in avanti. Non possiamo tornare indietro. Ci sono quelli che chiedono a coloro che chiedono i diritti civili: "Quando vi riterrete soddisfatti?" Non saremo mai soddisfatti finché il negro sarà vittima degli indicibili orrori a cui viene sottoposto dalla polizia. Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri corpi, stanchi per la fatica del viaggio, non potranno trovare alloggio nei motel sulle strade e negli alberghi delle città. Non potremo essere soddisfatti finché gli spostamenti sociali davvero permessi ai negri saranno da un ghetto piccolo a un ghetto più grande. Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri figli saranno privati della loro dignità da cartelli che dicono:"Riservato ai bianchi". Non potremo mai essere soddisfatti finché i negri del Mississippi non potranno votare e i negri di New York crederanno di non avere nulla per cui votare. No, non siamo ancora soddisfatti, e non lo saremo finché la giustizia non scorrerà come l’acqua e il diritto come un fiume possente. Non ho dimenticato che alcuni di voi sono giunti qui dopo enormi prove e tribolazioni. Alcuni di voi sono venuti appena usciti dalle anguste celle di un carcere. Alcuni di voi sono venuti da zone in cui la domanda di libertà ci ha lasciato percossi dalle tempeste della persecuzione e intontiti dalle raffiche della brutalità della polizia. Siete voi i veterani della sofferenza creativa. Continuate ad operare con la certezza che la sofferenza immeritata è redentrice. Ritornate nel Mississippi; ritornate in Alabama; ritornate nel South Carolina; ritornate in Georgia; ritornate in Louisiana; ritornate ai vostri quartieri e ai ghetti delle città del Nord, sapendo che in qualche modo questa situazione può cambiare, e cambierà. Non lasciamoci sprofondare nella valle della disperazione. E perciò, amici miei, vi dico che, anche se dovrete affrontare le asperità di oggi e di domani, io ho sempre davanti a me un sogno. È un sogno profondamente radicato nel sogno americano, che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali. Ho un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza. Ho un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, uno stato colmo dell’arroganza dell’ingiustizia, colmo dell’arroganza dell’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia. Ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho davanti a me un sogno, oggi!. Ho un sogno che un giorno, giù in Alabama, coi suoi feroci razzisti e col suo governatore dalle labbra grondanti parole di interposizione e nullificazione; un giorno proprio la in alabama, i ragazzini neri e le ragazzine nere potranno prendere per mano i ragazzini bianchi e le ragazzine bianche come sorelle e fratelli. Ho un sogno, che un giorno ogni valle sarà esaltata, ogni collina e ogni montagna saranno umiliate, i luoghi scabri saranno fatti piani e i luoghi tortuosi raddrizzati e la gloria del Signore si mostrerà e tutti gli essere viventi, insieme, la vedranno. È questa la nostra speranza. Questa è la fede con la quale io mi avvio verso il Sud. Con questa fede saremo in grado di strappare alla montagna della disperazione una pietra di speranza. Con questa fede saremo in grado di trasformare le stridenti discordie della nostra nazione in una bellissima sinfonia di fratellanza. Con questa fede saremo in grado di lavorare insieme, di pregare insieme, di lottare insieme, di andare insieme in carcere, di difendere insieme la libertà, sapendo che un giorno saremo liberi. Quello sarà il giorno in cui tutti i figli di Dio sapranno cantare con significati nuovi: paese mio, di te, dolce terra di libertà, di te io canto; terra dove morirono i miei padri, terra orgoglio del pellegrino, da ogni pendice di montagna risuoni la libertà; e se l’America vuole essere una grande nazione possa questo accadere. Risoni quindi la libertà dalle poderose montagne dello stato di New York. Risuoni la libertà negli alti Allegheni della Pennsylvania. Risuoni la libertà dalle Montagne Rocciose del Colorado, imbiancate di neve. Risuoni la libertà dai dolci pendii della California. Ma non soltanto. Risuoni la libertà dalla Stone Mountain della Georgia. Risuoni la libertà dalla Lookout Mountain del Tennessee. Risuoni la libertà da ogni monte e monticello del Mississippi. Da ogni pendice risuoni la libertà. E quando lasciamo risuonare la libertà, quando le permettiamo di risuonare da ogni villaggio e da ogni borgo, da ogni stato e da ogni città, acceleriamo anche quel giorno in cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, cattolici e protestanti, sapranno unire le mani e cantare con le parole del vecchio spiritual: "Liberi finalmente, liberi finalmente; grazie Dio Onnipotente, siamo liberi finalmente.

Anonimo ha detto...

Le scrivo per sottoporLe un problema che richiede un suo intervento tanto tempestivo quanto deciso. Confido nella Sua sensibilità di fumettaro e nel Suo interessamento ed appoggio.

Vuole finanziare il mio esercito privato?

Tra il 14 e il 17 giugno si terrà a Brescia EXA, la ventitreesima edizione della “Fiera internazionale delle armi sportive, security e outdoor”, promossa e sponsorizzata dalla Fabbrica d’armi Pietro Beretta S.p.A.



Un vasto pubblico visiterà gli stand della fiera. Donne e uomini di ogni età potranno impugnare un’arma, soppesarla, prendere la mira, sparare verso un invisibile bersaglio; potranno, inoltre, acquistare armi leggere e di piccolo taglio (rivoltelle e pistole a carica automatica, fucili, fucili mitragliatori, fucili d’assalto e mitragliatrici leggere) come si trattasse di un qualsiasi altro prodotto commerciale: arruoliamoli!!!
Le Sue ottime attitudini comunicative potrebbero aiutarci in questa azione di libertà...

Ma non è tutto. La fiera consente l’ingresso ai minori. A dire il vero, è l’unica fiera del settore a permettere l’ingresso ai minori.
Non è fantastico? Finalmente concorrenziali con gli africani...



La trovo un'occasione unica e chiedo il Suo intervento affinché si applichi una campagna pubblicitaria e divulgativa in tal senso. Metta una bella immaginetta sul suo blog!
Insegnanti, madri, cittadini che credono nei valori della guerra civile, della rappresaglia, delle simulazioni di combattimento e del libero massacro tra le persone e i popoli possono finalmente avere un loro organo ufficiale: il suo! La potenza della parola che sposa quella delle armi.

Insegno ogni giorno a mio figlio la competizione verso le persone e le cose, non è accettabile che questi ragazzi crescano senza conoscere le armi.
Che siano vendute come fosse pane!



Le nuove generazioni sono il futuro del mondo, sono il nostro futuro . Se vogliamo che questo futuro sia un po' frizzante e la faccia finita con la comprensione tra i popoli, veda nascere la soppressione dell'alterità come valore aggiunto di ogni società, noi dobbiamo permettere che il commercio delle armi diventi qualcosa di quotidiano e "normale".
La "normalità" che insegno ai nostri ragazzi è quella della vita di lotta e di barbarici attentati, una vita faticosa magari, ma onesta e leale e rispettosa dei valori dell'orgoglio e della supremazia territoriale, nella quale le armi sono solo un primo passo, unilaterale ed anche divertente.



Sicuro del suo interessamento, cordialmente La saluto.

suo Kuzu

Anonimo ha detto...

Tempo fa lessi un reportage, mi pare sull'Espresso, nel quale si rilevava come molte armi leggere (fucili, mitragliette, eccetera) vengano in realtà anche prodotte artigianalmente e vendute a cifre irrisorie (almeno per noi) in Afghanistan e in Pakistan. Molti Kalashnikov sono di produzione "locale". Questo in aggiunta a quanto detto da Kuzu.
Noi siamo sempre pronti alla rivolta!

Cristiano

Anonimo ha detto...

Ti ho perso, come solo una stupida sa fare... forse hai finalmente trovato l'amore.. io mi ero solo illusa.. come sempre... adesso sei felice nelle braccia di un'altra.. chissà se il destino vorrà vederci ancora insieme.. un pò come il ricordo di quei due sulla panchina del parco per scappare insieme dalla realtà in una notte di tanto tempo fa... ma ormai è finita... due parole. Frase breve eppure enorme.. speravo di non doverla dire mai più.. e intanto avrei potuto cambiare tutto.. tutta questa realtà che mi fa male... bastava solo un semplice si.. e invece per colpa del mio stupido orgoglio... troppo fiera del tuo pentimento... volevo che provassi quello che provavo io quando ti vedevo fare lo scemo con le altre... ma alla fine tutto ciò mi si è rivoltato contro... come vorrei correre da te, parlarti, piangere tra le tue braccia guardando nei tuoi occhi veri e sinceri... so che mi capiresti. Sei stato l'unico capace di spararmi in faccia la verità, di farmi riflettere su me stessa e sul mio modo di pensare. Per questo a volte mi manchi un pò di più... Ma non si può.. ormai sei lontano e non si tratta solo di chilometri.. la malattia non può essere la cura di se stessa. Non posso cercare aiuto da te.... eppure non c'è nessun altro con cui potrei davvero sfogarmi... spero che il tuo cuore sia più caldo e felice del mio.... Mi manchi e non so dirtelo...

Anonimo ha detto...

Sapete esprimere i vostri desideri senza riserve. Le vostre passioni sono intense e ardenti e il vostro desiderio è assolutamente senza limiti. Non avete alcun problema ad essere voi a sedurre.
La vostra audacia è sorprendente. Siete attirati dai piaceri fisici e avete bisogno di crere un rapporto di forza nell'atto sessuale. Nemici delle mezze misure, ricavate poco piacere dalle avventure effimere. Possessivi, esigenti, date tanto ma vi apettate di ricevere più di quello che date. Per impressionarvi la cosa migliore è portarvi in una camera di un lussuoso hotel.

Anonimo ha detto...

a Kuzu

‘e ‘zzecatte sule figure ‘e mmerda, vire ‘e te ne turna’ a do si’ vvenuto. Ccà a Napule già stamme belli cumbinati cu ‘a camorra, ‘e nu mafiuso cumme a te nun tenimme che ce ne fà.

reziunare e'Napule

Om Sharan Salafia ha detto...

per il professor Swineheard

Gentile professore, dal momento che non ho ricevuto sua risposta alle ultime e-mail che le ho mandato sull'indirizzo dell'università, le scrivo su questo blog, di cui alcuni miei compagni mi hanno informato che lei è un assiduo frequentatore. Dal momento che, per svariate ragioni perosnali, non sono riuscito a seguire il suo corso di Fisioteogonia Epistemologica (II modulo) volevo chiederle se può consigliarmi un libro sul quale preparare l'esame. L'appello del 21 luglio è aperto ai non frequentanti?

Anonimo ha detto...

Carissimo Om Sharan

Ho studiato Fisioteogonia epistemologica ormai anni e anni or sono, e ora mi occupo di tutt'altro...
Comunque ti consiglierei per una preparazione di base
G.PERTINCHI, "La Protoverbalizzazione del pensiero fisioteogonico nel XVIII secolo", S.Benedetto del Tronto, 2004
A.ARBELANOVICH, "Le radici epistemologiche del pensiero minimalista", Rodi, 1981
Aggiungo anche il mirabile saggio di M.PATàNCHINA, "Trombosi luridica e pesticidi al ragù", in "Essere Fisioteogonisti nel 1956" a cura di N.MIGLIAVACCA e Z.IARNASFLODUR, Matera, 1956.
Spero di esserti stato utile.

Anonimo ha detto...

Ah già dimenticavo...Non ho e-mail, nè tengo corsi in nessuna università e quindi ti consiglio di non perdere più tempo prezioso......

Anonimo ha detto...

Ciao, mi dispiace che non sono brava a parlare, non so esprimermi quando scrivo, ma provo a mandarti questo messaggio che arriva dal cuore. Scusa se non so da dove cominciare, ma adesso mi butto scrivendoti tutto con affanno, premura e specialmente col cuore. È da un mese che ho capito che non sei più per me solo un amico. Io non riesco a considerarti come un amico, perché in realtà tu per me sei molto di più. È inutile una lettera con scritto:”Io ti amo veramente”, è la cosa più stupida che abbia mai sentito, io ho bisogno di esprimere i sentimenti che provo per te e perché. Sei ormai diventato un ossessione, non perché ti voglio, ma perché sei sempre nei miei pensieri; tu non mi fai sentire il semplice calore dell’amicizia, ma molto di più; tu sei il significato delle lacrime che mi solcano sul viso: ogni lacrima che cade sulla mia guancia spera di essere accolta dal tuo affetto. Ho capito che tu mi vuoi bene come un ottimo amico, un vero amico, ma non so se provi gli stessi sentimenti che io provo per te: io non VOGLIO che tu li ricambi, io lo SPERO! Non so se voglio un bacio, se voglio una soddisfazione o qualcos’altro, so che ti amo ma te lo dico davvero e col cuore, perché se mai un vento porti una tua lacrima fino a qui, io potrò capire cosa sei realmente e non capire cosa sei nei miei sogni, quando ti immagino. Io non provo solo amore, ma davvero, tanto, tanto desiderio, quando tu mi accoglierai (se mai succederà) a casa tua, la prima cosa che farò, non sarà un bacio, né un discorso ma saranno solo due parole vere, col cuore TI AMO. Scusa se dico sempre le stesse cose, ma per me è una cosa così importante che riuscirei a ripetere all’infinito fino a quando tu non ti stancherai e mi dirai BASTA! Non sono la persona adatta a te, e credo di saperlo bene ma quando un cuore affamato ne raggiungerà un altro, non dovrà più fare fatica a cacciare indietro le lacrime perché so che le accoglierai su morbidi cuscini delle guance del tuo viso e ci penserai tu a non farmele cadere più. Ciao, mi dispiace che non sono brava a parlare, non so esprimermi quando scrivo, ma provo a mandarti questo messaggio che arriva dal cuore. Scusa se non so da dove cominciare, ma adesso mi butto scrivendoti tutto con affanno, premura e specialmente col cuore. È da un mese che ho capito che non sei più per me solo un amico. Io non riesco a considerarti come un amico, perché in realtà tu per me sei molto di più. È inutile una lettera con scritto:”Io ti amo veramente”, è la cosa più stupida che abbia mai sentito, io ho bisogno di esprimere i sentimenti che provo per te e perché. Sei ormai diventato un ossessione, non perché ti voglio, ma perché sei sempre nei miei pensieri; tu non mi fai sentire il semplice calore dell’amicizia, ma molto di più; tu sei il significato delle lacrime che mi solcano sul viso: ogni lacrima che cade sulla mia guancia spera di essere accolta dal tuo affetto. Ho capito che tu mi vuoi bene come un ottimo amico, un vero amico, ma non so se provi gli stessi sentimenti che io provo per te: io non VOGLIO che tu li ricambi, io lo SPERO! Non so se voglio un bacio, se voglio una soddisfazione o qualcos’altro, so che ti amo ma te lo dico davvero e col cuore, perché se mai un vento porti una tua lacrima fino a qui, io potrò capire cosa sei realmente e non capire cosa sei nei miei sogni, quando ti immagino. Io non provo solo amore, ma davvero, tanto, tanto desiderio, quando tu mi accoglierai (se mai succederà) a casa tua, la prima cosa che farò, non sarà un bacio, né un discorso ma saranno solo due parole vere, col cuore TI AMO. Scusa se dico sempre le stesse cose, ma per me è una cosa così importante che riuscirei a ripetere all’infinito fino a quando tu non ti stancherai e mi dirai BASTA! Non sono la persona adatta a te, e credo di saperlo bene ma quando un cuore affamato ne raggiungerà un altro, non dovrà più fare fatica a cacciare indietro le lacrime perché so che le accoglierai su morbidi cuscini delle guance del tuo viso e ci penserai tu a non farmele cadere più. Non ce la faccio più, tu sei lontano da me, come il Giappone dalla Francia, e non so se hai capito cosa significano quelle visite a casa tua che io giustifico dicendo che sono venuta nella città solo per lavoro. Tre aerei e una nave, per arrivare fin lì, ma ne è valsa la pena, ho intravisto nel tuo sguardo l'ombra di una lacrima, che servirà a farmi emozionare quando nascerà qualcosa. Soltanto una volta a 13 anni, ci siamo fidanzati, io ti amo da quando sono nata e quei baci me li ricordo, me li sogno ogni notte, e devo stare attenta a tenerli sempre nei miei pensieri per la paura di scordarli; e sei stato tu a lasciarmi, ma quando leggerai questa lettera capirai perché hai sbagliato, basta leggerla e rileggerla, creerai un enigma che ti porterà alla soluzione: l'amore. Intravedo la paura, voglio stare con te, voglio sposarti, voglio baciarti, voglio abbracciarti, voglio sentirti, voglio un bambino, voglio voglio voglio... fare tutto, ma senza dovermi pentire. Non vorrei stufarti con la lunghezza delle mie parole... quindi ti saluto. Un bacione da quello che era il tuo _angioletto_ e che non credo lo sarà più. TI AMO

Anonimo ha detto...

ma sono capitato nell'angolo della posta dei cuori affranti?

Unknown ha detto...

Bello questo blog! Ti invidio per i commenti lunghissimi!

puckilnano ha detto...

x Akab e Claudio Cerri:

felici di avervi e riavervi qui sul blog. già, avete ragione. è incredibile sapere di cosa può essere capace un puro e semplice "squack!"