"PUCK!" è in procinto di fare la vostra conoscenza a Bilbolbul, Bologna, il 7 e l'8 marzo 2009. Nel frattempo, solo su queste frequenze, pubblicherò quotidianamente delle brevi interviste ad alcuni degli autori coinvolti in questo folle piano criminale. Chi ha assecondato le manie di grandezza del nano?Oggi è il turno di Sergio Ponchione, il mefistofelico demiurgo di mondi obliqui. Il creatore de l'Obliquomo, e della serie Grotesque, si è letteralmente diviso in tre per i lettori di PUCK: ha disegnato la gagliardissima doppia copertina, creato un nuovo personaggio (il viaggiatore spaziale Tuxedo Jack) e contribuito con apparizioni oblique all'evocazione di Osvaldo Cavandoli.
PUCK: Ciao, Ponk...allora, veniamo subito al nodo del pettine: chi è Tuxedo Jack?
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PONCHIONE: Tuxedo Jack è un giocoso ibrido fra quel che sono e come mi diverte immaginarmi.È il rombo della marmitta che a volte sento nella mano quando disegno, è l'Alè! che mi scocca nella testa quando scalpito per domare la seducente idea sulla carta, è una carogna dal cuore tenero che da tempo pensavo m'avrebbe divertito disegnare. E altre cose.
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PUCK: Ho notato una certa diversità di fondo tra Tuxedo Jack e le tue altre creazioni. I tuoi personaggi, di norma, sono così surreali da assumere una loro personalità intangibile...prendi l'Obliquomo: ha un suo linguaggio, un mondo tutto suo, certe cose non gli passano neanche per l'anticamera del cervello: non ce lo vedo a sclerare perchè non arriva a fine mese, a maledire le donne, a cucinarsi due fallimentari uova al tegamino...E credo che lo stesso discorso potremmo farlo per l'Impronta, per l'esimio Professor Hackensack, e per tutte queste aggrovigliate macchiette che il tuo cervello ha partorito negli anni. In Tuxedo Jack, invece, ho intravisto qualcosa di diverso. Ho avuto l'impressione che attorno a questo personaggio tu ci potessi creare un'aurea più autobiografica, che potessi modellarlo più facilmente attorno alla tua personalità. E che la componente assurda, che si deve pur sempre sfogare, la riservassi tutta all'ambientazione fantascientifica. La domanda è: sono solo mie pippe mentali?
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PONCHIONE: No, la tua attività cerebrale è corretta. Premetto che quasi ogni cosa che faccio da autore completo è in qualche modo autobiografica. Se metto qualcosa su carta, qualsiasi cosa, quasi sempre è vissuta, vista, amata, pensata, elaborata o creata nella mia mente come uno scienziato con tanti alambicchi fumanti fra le mani. E per me creare è vivere. In ogni mio lavoro parlo di me e delle mie passioni/ossessioni, dalle brevi storie di Impronte Maltesi all'Obliquomo. Piuttosto ne parlo a modo mio, indirettamente. Non da protagonista, ma da regista, da dietro le quinte, location che trovo più interessante e suggestiva. E faccio parlare e recitare per me le mie creazioni. Dissemino personali chiavi e indizi ovunque, sta al lettore trovarli e saperli decifrare, ma non voglio obbligarlo, può godere comunque della storia fregandosene di me. Ma se è incuriosito, le cose sono lì, magari solo a un altro livello di lettura. Tuxedo è in effetti un piccolo passo in un'altra direzione, più diretta e schietta, e ogni tanto il suo sigaro potrebbe esser benissimo lo stesso che pende dalla mia bocca. E poi soffre di emorroidi come me. Più autobiografico di così. Di gente che vi racconta cosa prova a esser mollata dalla morosa o davanti a un'infuocato tramonto sul mare ne trovate a file, ma quanti vi dicono veramente cosa provano quando escono dal cesso, ARF? Fesserie a parte, mi sto muovendo di più in prima persona anche su altri fronti, come nelle ultime tavole fatte per Internazionale.
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PUCK: Tuxedo Jack fa il corriere planetario presso la Stardelivery Inc. Qual è stata la merce più compromettente che ha trasportato?
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PONCHIONE: Un carico di pretzels all'uranio patinato viola, pericolosamente allucinogeni e vietatissimi ovunque, com'è noto anche agli sperduti Efregiofrabi di Vinylurno, che mai nulla sanno. Ma Jack non aveva scelta, era al volante tenuto sotto tiro da una tripla ameba dissociata che minacciava di accoppiarsi a morte con lui. Cos'avreste fatto voi?
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PUCK: Nonostante i viaggi intergalattici, i buchi neri, i varchi spazio-temporali e le insidie di alieni sanguinari, la Stardelivery Inc., nel recapitare la merce, è più rapida di Poste Italiane?
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PONCHIONE: Yes, cosa sono mai tali insidie in confronto alla tortuosa e inimmaginabile odissea in cui un paccocelere 3 può precipitare una volta lasciato l'ufficio PT?
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PUCK: Se ci fosse una Bibbia, nella lontana galassia di Kalamoonga, forse ci sarebbe scritto "E così Dio prese con sè Popeye e Joe Galaxy, li fuse nel suo termovalorizzatore, e dalle ceneri nacque un uomo di nome Tuxedo". Che cosa c'è, dietro alla creazione di Tuxedo Jack? Quali numi tutelari si nascondono nel suo pacco di sigari?
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PONCHIONE: Oltre ai due da te citati, direi Sam Torpedo (il radiofumetto spaziale creato da Gaetano Cappa in passato in onda su Radio 3) e in piccola parte un sacco di altra roba assorbita da Urania, Frigidaire, Philip K. Dick, Russ Meyer, vecchi b-movies e fumettacci americani a un passo dall'immondizia ma a volte ricchi di spunti e trovate. Il nome "Tuxedo" viene dall'art-band Tuxedomoon, pertinenti con il personaggio quanto i broccoli con il cappuccino, ma da me sempre molto amati, alla cui luna (moon) ho tolto il frac (tuxedo) per metterlo a Jack.
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PUCK: Le avventure di Tuxedo Jack si svilupperanno sempre attorno alla gag, con fumetti brevi, o hai in mente delle nuove avventure ad ampio respiro?
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PONCHIONE: L'ampiezza del respiro sarà in proporzione solo all'ampiezza di eventuali tuoi compensi nelle mie tasche. Prevedo quindi respiri MOLTO brevi ma intensi, con ritmo regolare, scanditi da colpi di gag, magari a puntate. Sperando non arrivi l'asma.
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PUCK: E a proposito: quali altre disavventure intergalattiche leggeremo, sul prossimo "Puck!"?
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PONCHIONE: Quelle che mi verranno in mente, boys!
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PUCK: Una cosa mi ha sempre colpito del tuo lavoro: la predilezione per l'Assurdo. Il fumetto italiano, come il cinema italiano, oggi sforna pacchi di storie autobiografiche, di coppie in crisi, problemi adolescenziali, e autocommiserazioni d'autore che hanno trasformato il mezzo più in una seduta psicanalitica che in un puro intrattenimento. Le tue storie invece continuano a seguire altri binari: fantascienza, horror, parodie supereroistiche, storie ai confini della realtà. E dietro a tutto questo teatro dell'assurdo ci puoi leggere anche una lucida visione personale della società (come faceva Jacovitti), ma non sembra una cosa necessaria. Si ha quasi l'impressione che tu abbia voluto prendere nettamente le distanze dalla graphic novel autobiografica, che oggi va tanto di moda. Come la vivi, questa situazione?
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PONCHIONE: Nel ribadire la premessa fatta sopra posso aggiungere che sono una testa quadra piuttosto fiera e orgogliosa della strada che percorre. Che so essere zeppa di salite e contromano. L'assurdo e il grottesco non sono certo il pane quotidiano, specie in Italia, ma sono la mia sincera visione della realtà da quando sono bambino, e non posso che dargli voce e assecondarla su carta. Non sarò forse mai un autore dal grande pubblico, ma non è un problema, molti degli artisti che ammiro non hanno mai scalato l'hit parade o vinto premi, ma erano strepitosi e irraggiungibili nella loro unicità. Loro sono il mio costante stimolo. L'autobiografismo in senso esplicito, come ho già detto altrove, è indubbiamente interessante ma è diventato una moda da anni, con tutte le rotture delle mode. C'è chi lo fa benissimo (pochi) e allora sinceri applausi. C'è chi lo fa solo per cavalcare il trend e si vede. E allora pollice verso. Per me Jacovitti, come Magnus o Micheluzzi, erano comunque autobiografici anche senza raccontarmi come facevano colazione la mattina. Come tutti anch'io cuocio uova al padellino, pago le bollette, adoro/maledico le donne e mi emoziono agli infuocati tramonti sul mare, ma in generale non sento tutto questo bisogno di raccontarlo al resto del mondo. Perlomeno non com'è nella realtà. Ho già a che fare ogni giorno con la realtà, la conosco. La raccontano già in trecentomila, e molti nello stesso modo. Io amo l'idea, l'invenzione, la creazione, l'artificio, la costruzione. E tramite esse mi stimola molto di più raccontare la MIA visione della realtà. Ma per il grande pubblico, specie per quello non abituato al linguaggio fumetto, non è così, e non sembra percepire molto (più?) questa "posizione creativa". E più un autore pare mettersi sotto il riflettore a parlar di sè e più viene ascoltato, probabilmente per un'immedesimazione/ vicinanza/ filo diretto immediato con chi legge. Poi c'è quest'odiosa legge non scritta per cui l'autobiografismo è una garanzia assoluta di serietà, profondità, poesia, maturità, dignità narrativa (ironia MAI). Tutte cose che il fumetto per me ha sempre avuto senza aver bisogno di dotte certificazioni, di cui invece hanno MOLTO bisogno i non lettori abituali. Mica possono perder tempo in un fumetto al posto di un libro? "Se è un fumetto dev'essere il MASSIMO. Quindi GARANTITEMELO". E siamo daccapo. Oi Oi...Ma autobiografismo o no, il vero punto è questo: esistono solo bei fumetti e brutti fumetti. Con un pò di roba in mezzo. In altre parole: la QUALITA'. Quindi amici, va bene TUTTO. Raccontate pure delle vostre pustole o dei vostri viaggi cosmici, se riuscite a interessare qualcuno i vostri sforzi non saranno stati inutili. Se poi passeranno alla Storia, si vedrà. Intanto fateli. Alè.
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PUCK: Un'ultima domanda per le nostre calorose fans: dove cazzo si trova la galassia di Kalamoonga?
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PONCHIONE: Da qualche parte in un crocevia dimensionale situato fra Kalamazoo e Cucamonga, due esistenti città americane appartenenti alla cosmogonia zappiana e dai nomi meravigliosamente stupidi.